di Francesca Celeste Sprea

Juliana e il pupazzo di neve

Juliana viveva a Graciosa, un’isoletta in mezzo all’oceano Atlantico. Era dicembre e anche lei, come tutti i bambini del mondo, scrisse una lettera a Babbo Natale, o meglio, a Pai Natal, come lo chiamano nel suo paese.
Solo che questa volta Juliana mise un po’ in crisi il simpatico vecchietto dalla barba bianca, perché aveva una sola richiesta, ma molto, molto speciale. Lei per Natale voleva un pupazzo di neve. Ma un pupazzo di neve vero! Il fatto è che dalle sue parti di veri non se ne erano mai visti, perché anche in pieno inverno il clima era mite, non nevicava, e anche i gelati li dovevi mangiare in fretta perché si scioglievano velocemente. “È impossibile che Pai Natal ti regali un pupazzo di neve” le dicevano. “Qui non potresti tenerlo. In pochi minuti si trasformerebbe in una pozzanghera!” la canzonavano tutti i suoi amici. Ma Juliana era decisa nella sua scelta: in fin dei conti cos’era? Solo acqua cristallizzata, niente di prezioso e raro. E aveva una grande fiducia in Pai Natal.
Per questo Pai Natal non voleva deluderla. Il giorno di Natale, sotto l’albero in giardino (che non era un abete, ma uno dei rari pini marittimi di quell’isola) Juliana trovò un grande pacco, alto più o meno come lei. Una grossa scritta diceva: maneggiare con cura. Scartò con delicatezza la carta rossa a cuori argentati e comparve uno scatolone marrone. Si fece aiutare dal papà per aprirlo e subito un’espressione di delusione si appollaiò sulle sue labbra. Era un congelatore. “Mi sa che Pai Natal si è sbagliato. Io non avevo chiesto un frigorifero! Che me ne faccio?”
“Magari dentro ci sono dei ghiaccioli alla menta!” disse suo fratello aprendolo. Ma quale meraviglia quando la porta del congelatore si aprì: dentro non c’erano ghiaccioli, e nemmeno una torta gelato, ma un vero pupazzo di neve, con tanto di sciarpa e berretto, due bottoni al posto degli occhi, una carota per naso e due rametti come braccia!”
Juliana era al settimo cielo. Ma non era finita: il pupazzo di neve si poteva estrarre dal congelatore per giocarci in giardino, grazie alla pedana refrigerante su cui era appoggiato, che lo teneva fresco per una mezz’ora.
Il pupazzo di neve divenne il gioco preferito di Juliana e di tutti i bambini che vivevano in quell’isoletta. Ci potevano giocare a turno, trenta minuti al giorno, dopo la scuola, e se lo tenevano all’ombra del pino marittimo, riuscivano a giocarci anche qualche minuto in più, prima di riporlo in congelatore. Juliana chiamò il suo pupazzo “Tudo é Possível”, e ogni volta che lo nominava dentro di sé pensava: tutto è possibile, se ci credi veramente!

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