di Francesca Celeste Sprea

Più fiabe… meno bullismo!

Ogni fiaba contiene dei bulli: dalle sorellastre di Cenerentola alla strega di Hansel e Gretel, alla matrigna   di Biancaneve.

Il bullismo è un problema che si sta diffondendo nelle scuole e non solo. Come ho già scritto a proposito della mancanza di valori, la diffusione di comportamenti bullistici nella nostra società va di pari passo con la perdita dell’abitudine alla fiaba. Non credo che la correlazione sia diretta, ma di certo il tipo di dialogo e di messaggio mediato dalle fiabe possono offrire modelli di paragone, esempi di comportamento, scale di valori in maniera naturale e, soprattutto, efficace.

Sono molti i progetti attuati di prevenzione al bullismo e cyberbullismo. Trovo che questo sia mortificante. Innanzitutto perché ce n’è la necessità. Significa che le agenzie educative, dalla famiglia alla scuola, dalla squadra sportiva ai media, hanno fallito il compito educativo. Quello di formare “persone”, nel riconoscimento e nel rispetto di ciascuno come “persona”.

Così purtroppo si devono attuare questi progetti, con tanto di regolamenti scolastici, sportelli di ascolto, lezioni e progetti ad hoc, minacce di punizioni.

Ma affinché un progetto di prevenzione al bullismo abbia realmente efficacia è necessario che non si limiti ad informare e predisporre castighi. Quello che serve è che vada a toccare le corde emotive e psichiche della persona. E lo deve fare nel modo più naturale possibile, per certi aspetti ludico, semplice come raccontare e ascoltare una fiaba.

Se fin da piccoli i nostri bambini fossero abituati ad ascoltare le fiabe, quelle classiche e tradizionali, forse, chi lo sa, servirebbero meno progetti di prevenzione al bullismo.

Perché le fiabe non solo infondono norme sociali in maniera semplice, comprensibile, senza sforzo e soprattutto accettate come la normalità; le fiabe sono anche un potente strumento di esplorazione dei propri sentimenti, delle proprie emozioni e delle azioni che ne conseguono. Ascoltando una fiaba, il bambino si immedesima nei personaggi, scoprendone e facendone propri sentimenti ed emozioni. In questo modo sviluppare un senso di analisi, critica, comprensione dei moti dell’animo diventa più facile: il bambino non prova direttamente quelle emozioni e quei pensieri, non c’è sofferenza e non ci sono nemmeno sensi di colpa; pertanto possono essere compresi ed esplorati.

Quando ascoltiamo una fiaba, inevitabilmente indossiamo i panni del protagonista/eroe. Chi mai vorrebbe essere una delle sorellastre di Cenerentola? (Il mondo invece è sempre più pieno di “sorellastre” e fratellastri).

La fiaba porta naturalmente a riflettere e a far crescere dentro di noi il senso del bene e del male, del giusto e del non giusto, del buono e del cattivo. Non si tratta di formulare “giudizi”, ma di sviluppare un senso morale ed etico, oltre che civico. Ragionare su quei concetti e valori significa cogliere il legame tra le proprie azioni e le re-azioni dell’altro, modulare le proprie scelte in funzione di ciò che è bene e giusto, nel rispetto dei propri e altrui bisogni e sentimenti.

Per questo nelle fiabe il bullo non deve mai vincere. Le fiabe edulcorate in cui l’esito finale è stato addolcito in funzione buonista non portano insegnamenti e valori profondi nell’animo umano: è come se al bullo venisse concesso di comportarsi male, tanto “va tutto bene” lo stesso. È necessario invece distinguere il bene dal male. Solo costruendo un’adeguata scala di valori si può pensare di modificare gli atteggiamenti,  di creare ambienti armoniosi e una società più rispettosa della persona (e alla fine più felice).

La fiaba ri-educa il bullo: la storia parla di “fatti interni” attraverso immagini e attraverso parole, permettendo di proiettarsi e di identificarsi con il personaggio della storia e nelle sue azioni e relazioni. La fiaba aiuta a parlare di sé parlando di altri (i personaggi del racconto), a compiere un’autoanalisi, a prendere consapevolezza delle proprie emozioni, delle proprie azioni e delle loro conseguenze. In modo naturale, portatrice di metafore e di archetipi, la fiaba può accompagnare il bullo a compiere un processo di trasformazione e di liberazione interiore. Da un lato, l’immedesimazione negli intrighi interiori del cattivo ne permette la rielaborazione e la trasmutazione. Dall’altro lato, l’immedesimazione nei confronti di chi è vittima dei soprusi sviluppa l’empatia e un processo di costruzione di una scala valoriale interna.

Allo stesso tempo la fiaba sostiene e aiuta chi è vittima: insegna che non sempre gli altri si comportano correttamente nei nostri confronti. Essere derisi, esclusi, offesi o maltrattati, purtroppo, fa parte della vita. Ma la fiaba conduce fuori da queste “tremende” situazioni. Nelle fiabe i bambini vincono, vincono contro figure minacciose, cattive e crudeli, più potenti di loro. Le fiabe sono la voce della speranza. Nel presentare in termini immaginari una situazione drammatica di grave conflitto, di possibile tragedia, ne indicano la via d’uscita. Le fiabe insegnano a superare le difficoltà, ad alzare la testa e difendere la propria dignità e il proprio valore; e alla fine non vince chi a sua volta usa la violenza (verbale o fisica), ma chi usa comprensione, amore, coraggio, “l’azione del cuore”.

Leggiamo le fiabe ai nostri ragazzi: probabilmente cresceranno più forti, più consapevoli; gentiluomini e gentildonne mossi da sentimenti buoni e altruistici.

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