Si chiama Pipi, senza accento. Come Papa, senza accento. È un piccione.
Una mattina se ne stava attraversando la strada, tranquillo e beato, sulle strisce pedonali davanti alla chiesa, quando venne inseguito da… un bambino biondo? No. Da un bambino con il giubbettino verde? No! Dalla loro mamma! E c’è poco da ridere, perché il nostro Pipi aveva un’ala ferita! E fu così che venne catturato. E con l’ala fasciata si ritrovò a vivere all’ultimo piano della casa della mamma e dei due bambini, in cima a tre lunghe rampe di scale, nel bagno della camera padronale! Ossì signori, proprio nel bagno. Non che venisse usato tantissimo quel bagno. E da quel giorno non venne proprio più usato, era diventato la stanza di Pipi. La signora foderò pavimento e armadietti di carta di giornale, che venivano poi cambiati quotidianamente per rimuovere i ricordini che Pipi lasciava qua e là.
Pipi ci si abituò in fretta a quella casa. E alla sua padrona. Tanto è vero che quando lei veniva a pulire la sua stanza, le si appoggiava sulla spalla, o sulla testa, e vi rimaneva fino a quando aveva finito. Dopodiché si metteva sull’armadietto più alto a controllare che tutto fosse in ordine. Un po’ alla volta Pipi cominciò a prendere gusto a fare le pulizie della camera padronale, si appollaiava sul manico dell’aspirapolvere e insieme alla signora passava tutta la stanza.
Eh sì, il piccione se la spassava proprio. Era felice. E un giorno arrivò il giorno della partenza: la signora lo portò nel terrazzo. Doveva spiccare il volo. L’ala era guarita e lui era pronto per tornare a beccare insetti e briciole davanti alla chiesa.
E lui spiccò il volo. La signora, i figli, e pure il marito erano commossi nel lasciar partire il loro amico. Fatto sta che Pipi, arrivato al tetto della casa di fronte fece una bella virata e se ne tornò da dove era venuto: sul terrazzo, davanti alla finestra del suo bagno. Ci fu poco da fare: il piccione tornò a vivere lì. No, non più nel bagno, ma in una casetta di legno appesa in terrazzo.
Ora svolazza qua e là e poi ritorna. E quando sente partire l’aspirapolvere batte alla finestra con il becco, fino a che la signora gli apre, lo lascia accomodare sul manico e insieme puliscono la camera.