di Francesca Celeste Sprea

Le fiabe aiutano a comprendere le emozioni

Sempre di più ci sono libri e progetti per bambini sulle emozioni, che nascono nel tentativo di “mettere parola” e di “far mettere parola ai bambini” sui loro moti interiori.

Le emozioni consistono in una serie di modificazioni che avvengono nel nostro corpo sia a livello fisiologico (alterazioni respiratorie e cardiache), sia di pensieri, sia di reazioni comportamentali (come il fuggire o gridare) o alterazioni della mimica facciale, che la persona utilizza in risposta ad un evento esterno.
Molti sono gli studi sulle emozioni che cercano di definirle e categorizzarle, come quelli degli psicologi Paul Ekman e Robert Plutchik, che le hanno suddivise in due categorie: quelle primarie, di base, innate, riscontrabili in qualsiasi popolazione, dunque universali. E quelle secondarie, che derivano dalla combinazione delle prime e che  si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale. Le primarie sono rabbia, paura, tristezza, gioia, sorpresa, attesa, disgusto e accettazione. Le secondarie sono invidia, vergogna, ansia, rassegnazione, gelosia, orgoglio, speranza, perdono, offesa, nostalgia, rimorso, delusione.

Mettere l’attenzione fin dall’infanzia sulle emozioni significa aiutare il bambino a riconoscerle e a comprenderle, significa metterlo in grado di capire le proprie reazioni, positive o negative che siano. Se un bambino comprende quanto avviene nella sua individualità può risolvere i nodi psicologici del processo di crescita, superando rabbia, delusioni, gelosie, rivalità, paure, ansie… Tuttavia, un bambino può giungere alla conoscenza e alla comprensione di quanto accade dentro di sé, non attraverso ad una “comprensione razionale” della natura e del contenuto del suo inconscio, ma familiarizzando con esso, intessendo sogni ad occhi aperti; meditando, rielaborando e fantasticando intorno ad adeguati contenuti narrativi. È qui che le fiabe hanno un valore senza pari: sono un ottimo strumento per comunicare con i bambini perché parlano nell’unico linguaggio che loro riescono a comprendere: un linguaggio simbolico per immagini che è affine ai loro processi mentali. Infatti la struttura mentale del bambino è ancora poco adatta ad elaborare concetti astratti e a collegarli tra di loro mediante nessi logici, ma invece è già perfettamente in grado di costruire delle catene associative per immagini. Questo vuol dire che un bambino piccolo fa molta fatica a seguire il senso di un discorso razionale, anzi il più delle volte non lo capisce affatto: per lui sono solo parole messe insieme a formare quelle complicate formule magiche che gli adulti borbottano in continuazione… Invece riesce a seguire benissimo la sequenza di immagini tipica della fiaba. Non si tratta dunque di “mettere parole sulle emozioni”, ma di costruire contesti e progetti che usino “parole che portano emozioni”.

Leggere le fiabe tradizionali ai nostri bambini permette di offrire loro contesti, immagini, situazioni, metafore in cui, nella maniera più adatta al loro livello di maturazione psicologica ed emotiva, possono rielaborare, interpretare, confrontare e comprendere le emozioni proprie ed altrui.

Forse non servono tanti discorsi sulle emozioni: leggere – e rileggere, far sedimentare… e parlarne solo quando il bambino lo chiede perché è pronto – una fiaba tradizionale permette di arrivare con maggior efficacia alla comprensione della propria interiorità e delle proprie emozioni.

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